Sono sempre stata una piagnona.
Ricordo come fosse ieri quanto bruciassero le lacrime che cercavo di trattenere, specialmente a tavola con i miei genitori, ma anche in classe quando non sembrava esistere peccato più grande di lasciar cadere una lacrima sul quaderno di analisi grammaticale.
Non ho mai pensato al pianto come a una debolezza, ho sempre accettato come un amico che a volte si presenta senza preavviso e mette le scarpe sul tavolo della cucina, ma non diserta quando c’è bisogno di lui. Negli anni ho perfezionato un pianto fermo e silenzioso. Un pianto che consiste nel raccogliere le lacrime all’interno dell’occhio e farle scendere per mancanza di spazio, senza muovere un solo muscolo del viso e addirittura senza compromettere il trucco. Anni di allenamento ed esperienza. Dal primo fidanzato che ti lascia, all’ultima canzone di Adele.
Questo era normale fino a una settimana fa. Il giorno in cui ho smesso di piangere.
Mi stavo dedicando alla visione semestrale di Into the Wild, celebrazione della natura che ha avuto il grande merito di trasformarmi da divoratrice di junk food a paladina dell’ecosostenibilità. Unico film in grado di farmi disperare come la Magnani in Roma Città Aperta.
Se da una parte questo può far sentire una donna finalmente incline alla carriera politica, dall’altra rischia di minare le attitudini sociali. Un’amica ti offre la cena allietandoti con il video del proprio matrimonio mentre tu rimani impassibile come ad una conferenza sulle emissioni di particolato? Non bene. Il fidanzato festeggia il vostro anniversario con un anello e tu continui a somigliare al letto di un torrente in agosto? Molto male.
La soluzione potrebbe essere quella di chiudersi in casa per una settimana sottomettendosi a una maratona di tutti i film che hanno le carte in regola per erodere la diga che qualche ironico folletto sembra aver costruito nell’arco di una notte, ma se nemmeno Into the Wild riesce nell’impresa di farmi commuovere (impresa che fino a poche settimane fa sarebbe stata semplice persino per un bambino molesto con la faccia imbrattata di cioccolato) non resta altro che rivolgersi a un professionista.
-Che lavoro fai?- mi chiede l’ottica da cui sono andata per il dubbio legittimo che forse il problema fossero gli occhi e non l’anima, che quella non la smette di lagnarsi nemmeno per un secondo.
-Grafica editoriale- rispondo, vantandomi sempre un po’ perché non riesco a trattenermi.
-Quante ore passi davanti allo schermo. Tv, computer, …?
-8, direi. In ufficio. Poi forse 3 a casa. Poi magari qualcuna in più se chiamano i miei su Skype o mi metto a guardare un film. Mi sento di dire: sicuramente non più di 24 ore al giorno.
A quanto pare il mio stato emotivo non c’entra niente. Ho seccato gli occhi a forza di costringerli davanti allo schermo e loro si sono ribellati togliendomi il pianto fermo e silenzioso. Mi sento come una ballerina classica che si rompe un piede dopo 10 anni di lezioni.
Mi consiglia un’alimentazione mirata e se tutto va bene in poche settimane la diga dovrebbe crollare da sola. Dopo un’attenta visita non resisto a un paio di occhiali in finto legno e accetto con piacere l’idea delle lacrime artificiali, perché se non dovessi riuscire a piangere (come un’attrice scadente) potrei sempre usare quelle.
-Grazie davvero, le dico. Perché sono quasi certa che il mio fidanzato stia per chiedermi di sposarlo.
L’occhio secco
L’occhio secco o ipolacrimia è un disturbo dovuto alla scarsa produzione di lacrime: le ghiandole, per un’atrofia parziale o totale o per alterazioni di vario genere, non producono più liquido lacrimale a sufficienza e l’occhio diventa, quindi, più o meno secco. I sintomi più comuni sono bruciore, sensazione di corpo estraneo nell’occhio, fotofobia, difficoltà nell’apertura della palpebra al risveglio e, nei casi più gravi, dolore e annebbiamento visivo. Talvolta i pazienti affetti da ipolacrimia lacrimano moltissimo: il liquido lacrimale è però molto acquoso, contiene poche componenti mucose ed evapora subito lasciando la cornea esposta all’azione di agenti esterni. La sindrome da occhio secco è comunemente causata da alcuni fattori: età avanzata, cambiamenti ormonali nelle donne tra i 40 e 60 anni, essere spesso a contatto con luoghi molto soleggiati o ventosi, lavori che richiedono molte ore davanti al computer in ambienti secchi o dove sono in funzione impianti di riscaldamento o di condizionamento non adeguatamente umidificati. Il disturbo dell’occhio secco viene generalmente trattato con la prescrizione di colliri, gel, lacrime artificiali che possiedono sostanze dall’azione detergente, lubrificante e disinfettante simili a quelle delle lacrime naturali.
Per fare in modo che l’occhio non si affatichi, ad esempio in casi di lavoro prolungato al computer, e per ottimizzare il proprio benessere visivo durante le ventiquattro ore della nostra giornata è consigliato anche l’utilizzo, dopo aver fatto una visita ottica per stabilire la correzione necessaria e le giuste lenti da applicare, di occhiali che aiutino e proteggano gli occhi.
Consigli utili per il benessere dell’occhio e per prevenire l’ipolacrimia: bere molti liquidi e assumere, all’interno della propria dieta, alcuni alimenti che possano aiutare lo stato generale di salute dell’occhio evitando caffè, zuccheri e cibi particolarmente raffinati e trattati. È consigliata l’assunzione di alimenti che contengano acidi grassi Omega 3 (salmone, sardine, merluzzo, trota, etc.) che migliorano le secrezioni lipido-proteiche, Vitamina A (uova, carote, albicocche, radicchio, le verdure arancioni, etc.) che rinforza l’epitelio e lo stato di salute delle cellule, Vitamina E (oli vegetali, semi, nocciole, pinoli, mandorle, cime di rapa, etc.) che è un forte anti-ossidante e reidratante cellulare, Vitamina B6 (cereali integrali, banane, avocado, nocciole, carote, etc.), Vitamina C (uva, peperoni, prezzemolo, fragole, ananas, ciliegie, rucola e agrumi, etc.) e Magnesio (spinaci, banane, semi di zucca, mandorle, soia, fagiolini, riso, etc.) che aiuta il metabolismo degli acidi grassi Omega 3.
Una ricetta per il benessere: Insalata di salmone, avocado, rucola e semi misti
Ingredienti: 100 g di salmone a fette, 1 avocado piccolo e maturo, 1 cespo di radicchio verde, 1 mazzetto di rucola, 100 g di pomodorini ciliegini rossi, 1 patata, germogli di soia, semi misti (semi di girasole, semi di zucca, semi di sesamo, semi di chia, semi di lino), 1 lime, olio extravergine d’oliva, sale e pepe.
Preparazione: In una ciotola sciogli un pizzico di sale con il succo ottenuto dalla spremitura del lime, 8 cucchiai d’olio, un po’ di pepe e mescola con energia il composto con una forchetta: mentre prepari l’insalata, riponi la salsina in frigorifero. Lava la rucola, il radicchio e i pomodorini e lasciali sgocciolare molto bene. Togli la buccia all’avocado, togli il nocciolo e taglia la polpa a piccoli pezzetti. Fai lessare la patata e, appena pronta, tagliala a cubetti piccoli. Riunisci in una ciotola tutti gli ingredienti: la rucola e il radicchio spezzati con le mani, i pomodorini tagliati in quattro parti, l’avocado e la patata a cubetti. Aggiungi, alla fine, il salmone tagliato a striscioline, i germogli e i semi misti. Estrai la salsina dal frigorifero, sbattila ancora per qualche minuto con la forchetta e poi versala come dressing saporito sulla tua insalata, amalgamando accuratamente gli ingredienti prima di servire.